Sul tema: "La psiche al tempo del Covid-19" abbiamo intervistato il Dott. Franco Merlini, psicologo, psicoterapeuta, psicanalista, Formatore e Docente eventi ECM, Direttore Scientifico della Scuola di Formazione Analitica de "Il Ruolo Terapeutico”, Docente Scuola di Specializzazione del “Ciclo di Vita Università Bicocca” di Milano, Membro del Consiglio Direttivo Nazionale AUPI.
Il principale vissuto di questa pandemia e del lock down conseguente lo sintetizzo così: dopo una notte di incubi mi risveglio in un incubo reale senza fine.
La pandemia mondiale da Coronavirus, è un'epidemia che nella storia conosciuta dell’umanità non ha paragoni, per aver devastato contemporaneamente e rapidamente vastissimi territori e continenti. Anche se altre pandemie avevano portato un numero impressionante di morti, penso alle pestilenze e alla spagnola all’inizio del ‘900, alla SARS, questa ha caratteristiche uniche, tra cui la non visibilità di chi è contagiato e contagioso e che la trasmissione del Covid-19 avviene prevalentemente via etere. Ecco: l’aria da temere, l’aria che è da sempre immagine, simbolo di vita e libertà. Ricordiamoci che psiche, nella tradizione classica, si identificava, con la prima e più importante delle funzioni vitali: il respiro, venendo quindi a corrispondere a un concetto di "anima", più o meno smaterializzata.
Per noi italiani o come per le popolazioni latine, abituati a socializzare, ad abbracciarci, a comunicare con il corpo, la reclusione è diventa una mancanza profonda di vita.
Uscendo, l’altro è visto come diverso, una potenziale minaccia, non un tuo simile da abbracciare o con cui ha voglia di scambiare pensieri e parole, ma un potenziale nemico, stando alle profilassi imposte.
Il tutto è accaduto in una totale incompetenza a comunicare da parte delle fonti governative, con continue conferenze stampa e interviste che con toni guerreschi hanno diffuso notizie contrastanti, oltre al balletto dei virologi, in fame smaniosa di video, che si contraddicevano. Abbiamo sentito di tutto sulle zone rosse, le terapie intensive, le mascherine, i guanti, la distanza di riguardo e la sanificazione...
Oltre al fatto che, come sottolineava Filippo Del Corno, Assessore alla Cultura di Milano, invece di parlare di distanziamento fisico si è invece preferito distanziamento sociale, sottolineando la visione del nostro prossimo come diverso. Ma anche l'OMS non si è risparmiata nella sua accondiscendenza cinese.
La mancanza di leader politici a livello mondiale ha ingenerato ulteriore paura e sconforto. Poi, per quanto ci riguarda, annunci di misure economiche da "bazooka" che brillano solo per la voce "faremo" e la sensazione di improvvisazione e di tutela di interessi elettorali. Tanto altro si potrebbe dire come l'impressione di vivere in un'epoca dittatoriale, dove il senso di fraternità e di condivisione, non trova riscontro. Si era sperato che avremmo capito che la rincorsa folle della globalizzazione verso interessi economici di grandi potentati, in mani di pochi, alla costante ricerca di produzioni a costi sempre più bassi, schiaccianti la manodopera, distruttrice dell'artigianato, incuranti della dignità umana e senza il minimo rispetto della natura di un pianeta, come se tutto fosse un problema di altri.
In questo periodo di lock down abbiamo visto diffondersi nella rete immagini e video dove la natura riconquistava i suoi territori, regalandoci immagini di cieli, animali, piante, laghi, fiumi, mari… come forse non li avevamo mai visti. Oltre a sottolineare la volontà di un profondo cambiamento e di ritorno a valori etici, riecheggiando un desiderio olistico come nel secolo scorso, la speranza dell'avvento della cosiddetta "Era dell'Acquario".
Unico aspetto straordinario è la riscoperta di una solidarietà sociale che paradossalmente partiva dalle classi più umili e fragili. Esempio per tutte, la serata di solidarietà ad Assisi "Con il cuore 2020", riuscita nella magia di vedere un programma televisivo sulla principale rete nazionale, una trasmissione profondamente umana, senza copioni e facili retoriche illusioni e la percezione di quanto grande possa essere la platea, con un pubblico fisicamente non presente per la normativa Covid, che invece presente era in spirito e nella realtà caritatevole.
Inoltre abbiamo dovuto sopperire a questo distanziamento con la rete che è stata l'unico strumento di contatto e di interscambio di notizie e di immagini e video. Ma anche nelle proposte culturali le visite erano virtuali; i concerti e le rappresentazioni teatrali documentali. Per certi versi mi ricordavano le comunicazioni che avvengono nello spazio con gli astronauti. A tutto ciò eravamo e siamo impreparati.
Come nel rapporto con noi stessi, non distratto dalla operosità esterna. Ma quanti hanno normalmente tanto tempo da dedicare a se stessi, usciti dal frenetico vortice del fare?
Anche il rapporto lavorativo cambiato, per quanti sono riusciti a mantenerlo, con una operatività a distanza, virtuale anche questo.
Per non parlare della rivoluzione nei rapporti familiari complicati da una convivenza giornaliera obbligata, con "effetto barca", obbligando nei medesimi spazi i genitori con i figli, bloccati a casa, senza vedere amici, o giocare se non in rete, o a studiare, connessi, con i tablet o i cellulari con i propri insegnanti. I nostri ragazzi altri grandi assenti dai temi di aiuto e sostegno.
Alla luce di tutto ciò anche la nostra mobilità va sicuramente ripensata, come il rispetto per l’ambiente e noi stessi.
Penso che tutto ciò che è accaduto sia un segnale inequivocabile.
Di questo e di altro ancora abbiamo parlato e prossimamente cercheremo di analizzare e di dare delle risposte e spunti di riflessione.